Cu tutte 'e spine di Ciro Primavera

Categoria: Articoli e Recensioni Pubblicato: Venerdì, 27 Giugno 2014 Scritto da anna

                                   “ … cu tutt’e spine” di Ciro Primavera

                                   recensione di Ugo D’ Ugo pubblicata su “ Voci Dialettali” di Roma

“ … Cu tutt’e spine” è la raccolta in versi che Ciro Primavera ha voluto dare alle stampe in proprio.

Una bellissima raccolta di poesie del dialetto napoletano, presentata da Vittorio Astuti, in elegante veste editoriale.

La poesia del Primavera è ricca di suggestivi quadri familiari ed è permeata di un intenso senti-

mento d’amore per la famiglia, per la donna e trova ispirazione nel contesto sociale in cui il poeta è cresciuto e maturato.

A chi si avvicinasse ai versi del Primavera, non può sfuggire la semplicità, la purezza e la musicalità espressiva ch’era propria dei dolcestilnovisti, né riferimenti che pure furono cari al Pascoli: “ E mmo fa l’angiulille”, una poesia che ci tocca il profondo del cuore e di pascoliana memoria.

L’amore per il padre vive nel ricordo e si materializza nell’insegnamento che il buon genitore gli ha trasmesso ed il poeta ne ricorda la parola educatrice “ tu, ca parlanno m’he mparat’a vita”.

Questi accorati versi sono più d’una testimonianza di gratitudine ed egli ( il poeta) spera un giorno di ricongiungersi per correre con lui “…nzieme mmiez’e stelle/ comm’a dduie guagliuncielle/ ca mane dint’a mane/ sempe felice e pe l’eternità”.

Non diversamente egli ama i figli, stabilendo con essi rapporti di amicizia, sacrificando ad essi perfino il sonno. Tutta la sua vita è proiettata nel futuro di “ sti dduie chiuove e pe sta semmenzella” ed è ad essi che più spesso si rivolge il poeta, con gesti pacati, amorevoli e comprensivi.

Ma se l’amore per il padre e per i figli raggiunge vette e toni cari al Pascoli ed al Carducci, quello per la propria donna diventa trascendentale: “ Vinnete sta vucchella/ facimelo st’affare/ cchiù ‘e mille cose belle/ i te putria accattà/ Cert’è na cosa rara/ c’ha fatt’o Signore/ e faticaie cient’ore/ pe stu capolavoro/ Vuleva fa a furmella/ pe ncastunà na stella/ ma, po, se ne pentette/ e a vocca toia facette”. Questi versi ci riportano indietro nel tempo, quando all’uomo bastava uno sguardo per comprendersi e per sentirsi amato. Sono versi che ci riconducono al tempo in cui la donna era il mezzo ed il fine che ci riconduceva all’Eterno e la musica che mi accompagnava nel leggerli era la stessa che mi faceva abbozzare un sorriso recitando “ Tanto gentile e tanto onesta pare…”. Sullo stesso tono recitano “ Pe nun te fa appassì” e “ Senza parlà”.

Tutta la raccolta è pregevole e se un rimprovero c’è da fare al Primavera è solo quello di non aver voluto cercare un editore per tanta poesia.

E speriamo che prima che per lui giunga “Ll’urdema scesa mia” nella quale egli si rivede accompagnato dal pianto dei suoi cari, avviandosi per le selve ombrose del Purgatorio, ci voglia

far dono di tante, tante altre pubblicazioni. Questo è quanto ci attendiamo da Ciro Primavera.

                                                                                 

                                                                                  Ugo D’Ugo

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