Maria La Spilla romanzo di Mazzola

Categoria: Articoli e Recensioni Pubblicato: Venerdì, 27 Giugno 2014

Maria la spilla, romanzo di pag. 155, edito dall'Associazione don Giuseppe Alario di Moio della Civitella (Sa) 2013, è l'ultimo lavoro di Mazzola, al secolo Antonio D'Agosto, già noto nel Cilento per aver dato alle stampe lavori come La vigna di Peppo, Bevere, Aniello e Nuziato.

Con questa nuova fatica, Mazzola non si distacca molto dalle precedenti, tutto proiettato a trasmettere episodi storici, tradizioni, usi, costumi, motti ed altri riferimenti propri del Cilento, terra che il Nostro ama profondamente e conosce nei minimi dettagli e che, scrittore per vocazione (come sostiene in questo ultimo scritto a pag.82, riferendo a proposito di un furto di libri, cosa da far ridere oggi poiché sfido se qualcuno di questi tempi oserebbe rubare un libro per leggerlo!) , vuole finalmente fermare sulla carta a beneficio delle generazioni future e dei lettori che vogliono immergersi nella conoscenza di una popolazione antica, laboriosa, depositaria di una cultura classica, quella della Magna Grecia, che è propria del Cilento, terra in cui ebbe dimora la scuola di Zenone.

Egli le affila proprio tutte le sue armi per farci penetrare appieno in quel mondo contadino, a cui tutti, nel passato come nel presente, Società e Politica hanno chiesto sacrifici oltre ogni limite di sopportazione.

Anche questa volta Mazzola affida questo suo raccontare alla biografia di un suo stretto parente, per l'appunto alla sorella Maria, che lui, scherzosamente, chiama con l'appellativo di Maria La Spilla, di qualche anno più anziana.

Non è un caso, forse, essersi servito della vita di una donna, penso, ma dubito e sono convinto, conoscendo Mazzola, che egli l'abbia fatto di proposito per aggiungere a quanto già detto negli altri romanzi un tassello molto importante, parlare della condizione della donna nel Cilento dell'altro secolo e degli sforzi, ancora molto timidi, che le donne hanno fatto e fanno per uscire da un mondo stereotipato, che le vuole ancora legate alle vecchie tradizioni di vita patriarcale. Donne che venivano apprezzate meno delle bestie, che rappresentavano un capitale e guai a perderle. Donne che quando nascevano non erano considerate benedizione del Signore perché per esse doveva pur farsi una dote per poterle maritare. Donne che erano soggette prima all'autorità del patriarca e poi del marito, spesso un uomo poco dissimile dalle bestie per ignoranza e per indigenza. Donne che lavoravano più di tanti uomini ed erano sottopagate. Donne che spesso dovevano sopportare le soverchierie dei padroni borghesi e perfino dei curatori di anime.

E chi più di Maria, sua sorella, potrebbe essere l'eroina da additare come esempio di emancipazione e di indipendenza? Maria, poco più che adolescente si imbarca con il fratello Antonio, appena quindicenne, su un treno che li porterà in Germania. Lei una ragazza intelligente, sarta e contadina insieme, ma timida e inesperta per non aver mai messo il naso oltre la siepe del suo piccolissimo paese, ottenuto a malincuore il permesso dei genitori, va all'avventura.

Appena giunta a Roma, luogo di coincidenza ferroviaria, s'imbatte già in un primo ostacolo: comandata dal fratello a richiedere il biglietto ferroviario per la Germania viene respinta dal bigliettaio perché dimentica il nome del paese di destinazione. Poi, nel tentativo di rintracciare la casa di una sua parente già residente a Engen, si perde e riesce a rintracciarla solo a tarda sera. Ma la ragazza, caparbia, incoraggiata dal fratello non si dà per vinta. Caparbia vorrà restare in Germania quando il fratello finalmente decide che la sua vita è nel Cilento, la terra che ama e da cui non si separerebbe neppure per tutto l'oro del mondo e decide di tornare a Moio della Civitella per aprire una officina.

Maria, invece decide di restare. Maria è caparbia, risoluta, anche quando si innamora di Karl, un bellissimo ragazzo tedesco; Maria è caparbia anche quando, saputo che i genitori di Karl diffidano di lei e non accettano che il figlio la frequenti, risoluta si reca in casa loro per farsi conoscere, per far vedere loro che lei è una donna come altre, seria, lavoratrice, intelligente e di carne ed ossa come tutti i tedeschi e che in più ha una educazione spiccata, quella rispettosa della nostra brava gente del sud. I genitori di Karl l'apprezzeranno e l'abbracceranno come figlia e si complimenteranno con il figlio per la magnifica scelta.

Maria è una eroina anche quando affronta il fratello, mandato dal padre per ricondurla in paese dopo che lei lo aveva informato di essersi fidanzata, ed affronta il padre, a muso duro e coi denti digrignati come una leonessa, dicendogli io l'amo e lui è il più bel giovane che abbia mai conosciuto in vita mia e costi quel che costi, io resto qui e me lo sposerò.

Maria è caparbia e intelligente capace di affrontare il padre e tutta la famiglia quando decide di scendere giù nel Cilento insieme al suo Karl per far vedere a suo padre che Karl è una persona degnissima di lei e di tutta la famiglia; ed avrà ragione perché il padre approverà il matrimonio e le sussurrerà nell'orecchio, abbracciandola,: hai fatto proprio una buona scelta.

Maria infatti riesce a convincere il padre che tutta questa diffidenza nel diverso è solo frutto del pregiudizio, dell'ignoranza e che lei è una ragazza intelligente, capace di muoversi con sicurezza ed autonomia in un mondo più vasto, rispetto al piccolo paesino natio.

Maria, il personaggio protagonista del romanzo di Mazzola, ci fa capire che nella vita tutto si deve conquistare con il sacrificio, l'intelligenza e la pazienza e che nulla ci è impossibile se a confortarci, nella lotta quotidiana, sono i nostri valori fondanti. Sì proprio se crediamo nei grandi valori che hanno condiviso donne e uomini che si sono affermati nei più svariati campi, delle scienze, della politica, delle arti, dell'industria e del commercio. E sono tante i cui nomi sono impressi negli Albi d'oro di tutte le nazioni.

Il personaggio di Mazzola è una donna con gli attributi come si direbbe oggi, anche se l'espressione direi che quasi non mi appartiene perché trovo volgare. E con gli attributi è pure Mazzola, il suo autore, il quale li ha dovuti cacciare tutti nell'imprimere alla sua penna tutte le capacità affinché il lettore venisse trasportato nel suo mondo contadino, nella superba terra cilentana, terra di sacrificio e di bellezze e di buone maniere, proprio come il mio Molise, ed immergersi nelle testimonianze vive delle nostre radici, i cui segni concreti come graffiti sono stati tracciati dall'autore, testimonianze della nostra italianità, del nostro essere unici più che rari tra le genti che popolano il mondo, testimonianze della nostra storia senza delle quali nessuno potrà dire “ io sono...”, poiché l'uomo senza radici non è altro che una bestia, essere senza passato e senza futuro.

Il romanzo di Mazzola costituisce un altro tassello importante per la definizione delle fonti di riferimento per chi cerca le radici della gente del Cilento.

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