Riflessioni su "Quel limbo Infinito" di Rosetta Sacchi

Categoria: Articoli e Recensioni Pubblicato: Mercoledì, 18 Gennaio 2023 Scritto da ugo

Riflessioni

sul libro di poesie “Quel Limbo Infinito” di Rosetta Sacchi, ISBN 9788826051222

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1 – Preliminari

Il mio primo incontro con la poesia di Rosetta Sacchi è avvenuto con la lettura di “Quel Limbo Infinito (Le lunghe attese della vita) “ prima edizione 2017 Edita da Scrivere.

Il testo mi è pervenuto in data 12-01-2023 con la richiesta di un mio parere personale.

L'opera, presentata da Sanfilippo Carmelo ha una prefazione di tutto rispetto; contiene complessivamente ottanta canti lirici di diversa lunghezza.

La prima di copertina contiene una illustrazione con due cigni che sfilano in fila tranquillamente su uno specchio d'acqua prefigurando, a chi guarda, l'idea della bellezza dei contenuti.

La quarta di copertina riporta in alto un breve giudizio finalizzato a orientare gli acquirenti. Dice che “Tema del libro è l'attesa ...- quella - che si nutre di speranze e paure e ci accompagna in tutta la nostra esistenza”; sul lato inferiore, notizie biografiche e curricolari sugli impegni letterari dell'autrice.

Alla prefazione segue una prima lirica non sua, ma della poetessa Emily Dickinson, che la nostra squisita poetessa ha voluto premettere ai suoi canti come idea guida del libro: un concetto di amore irremovibile, eterno, tenace, infinito, di quattro righi, col quale, a mio giudizio, l'autrice vuole far capire che parla di un amore che si prolunga enormemente, fin oltre il termine della vita, in un Limbo dantesco, dove continuano a vivere le anime pure che non hanno avuto la fortuna di incontrare il Cristo Redentore.

Questo concetto d'amore viene visto come essenza della vita e, in tale senso, pervade l'intera poetica della nostra autrice. Per l'autrice tutto il libro parla di un percorso di vita tipicamente umano e cristiano,di alto sentire, che vede il mondo come valle di lacrime e la vita come ricerca affannosa e obbligata della felicità. Certamente lo si potrà ritrovare in tutto il resto della sua produzione poetica.

2 – Il contenuto in generale

Ho letto per tre volte, con vivo interesse, tutto il libro, beandomi, con viva sorpresa, dell'elevato e armonioso linguaggio, fortemente lirico dell'autrice, riscontrato nei singoli testi, e apprezzato con animo lieto l'acume con cui l'autrice mette in rilievo le sue emozioni, i suoi sogni, le sue pene, le sue paure, le sue attese, i suoi silenzi, le sue gioie, ma anche il suo diritto alla vita, perché per lei non c'è vita senza amore.

In tutto il libro si respira la crisi profonda di un'anima, il dramma della sua solitudine e una viva e costante tensione lirica verso l'attesa tenace, instancabile, del ritorno di colui che solo in un momento di folle insofferenza l'ha abbandonata distruggendo tutte le promesse e i sogni da lungo accarezzati.

Perciò inizia con una partenza drammatica, degna di essere riportata in questa sede. “Era di luglio...l'attimo funesto\ della tarda sera\ nella bocca di un pescecane\ sparirono i passi inquieti\ l'odore dell'assenza\ il respiro corto dell'attesa ultima\ ricordi incastonati a un filo come perle\ e parole sigillate dentro domande eterne\ l'afa la tempesta d'aria nel corpo\ gli antri oscuri senza via d'uscita\ Pesava la notte sulla strada vuota\ Rimasi ferma a un'alba di silenzi\ a un amore assetato di luce\ divelto dalla terra” (pag. 6). (Per essere più espliciti la bocca di un mostro, di un pescecane, ingoiava così tutto il mondo di promesse, a lungo accarezzate da entrambi, lasciandola sola coi suoi sogni divelti dalla terra).

Il suo amore, in un impeto di insofferenza, di rabbia incontenibile, l'aveva piantata in asso, lasciandola sola, sconsolata e indifesa, per la strada, in una notte tempestosa, “...ferma – come dice lei - in un'alba di silenzi\ a un amore assetato di luce\ divelto dalla terra”

Tutto il resto del libro continua descrivendo liricamente il dramma interiore della donna nei suoi vari aspetti. Col respiro spezzato, il cuore trafitto, l'animo avvilito s'alza la voce della poetessa, toccando col suo linguaggio nobile e armonioso note di alto sentire e ragioni abissali dei bisogni irrevocabili della vita umana.

Il libro non ci lascia comprendere come e quando sia nato quel suo incredibile amore. Ci fa pensare a un amore da sempre esistito. E non ci fa capire bene neanche ciò che avvenne veramente di così grave in quel deprecato giorno di luglio da giustificare un atto così insolito, furioso e incivile di comportamento.

E' bene, a questo punto dare qualche esempio di quanto scrive la nostra autrice, al fine anche di far conoscere il suo rapporto con alcuni aspetti del suo mondo.

Riguardo a un'altra realtà lei dice: “...Tu che siedi

per ultimo alla mensa\ che gli altri hanno sporcato,\ e osservi, un popolo di stolti\ barcollando ebbri d'aceto\ che il vino buono getta sul selciato\ e in fiume scorre ad ubriacar le zolle,\ siedi e ascolta il silenzio,\ fino all'alba,\ al primo raggio\ che ancora i cuori illude.\ Poi sarà di nuovo uguale\ di nuovo fango sotto i piedi\ e vuoto che dal cielo ci allontana.\ Sarà di nuovo uguale.\ Di nuovo il rumore di un chiodo.\ Poi un chiodo ancora\ a rinsaldar la croce\ si udrà sul dolore della vita.” (pag. 42). Il rilievo è del tutto mio.

Parlando dell'immagine sognata di lui dice: “Amami nel tuo pensiero ardente\ dall'uno all'altro estremo sospinto.\ Amami nei tuoi occhi che non vedo\ per un istante che vale un'eternità.\ Guarderò il cielo perpetrando il mistero\ che non ci appartiene.\ Baciami ora nella tua mente\ mentre all'orizzonte si perde\ una voce, la tua voce in un canto:\ tu sei la mia dolce ragazza\ e io t'amo perché sei àncora e mare” (pag. 56).

E ormai felice, dopo aver ritrovato l'amore e l'equilibrio perduto tra entrambi, dice: “Ogni crepa attende il verde\ ogni falla di placar la sete\ il tuo piede scalzo\ il rivolo non teme, il mio precede\ Scene di sole e vento\ sulla provvisoria quiete dell'anima\ è sfondo il silenzio\ che l'amore nutre di carezze e baci.\ Andiamo dove il sentiero smarrito\ non si domanda il senso\ del nostro peregrinare\ - la mia mano a sfiorar la tua\ ad assecondare una luna curiosa -\ Andiamo scivolandoci nei pendii dove l'odor d'ogni ramo l'aria risale...”(pag. 67).

L'autrice intende comunicarci liricamente soltanto la sua odissea. Perciò ci conduce, attraverso i sentieri della sua anima ferita, disperata, tra attese, silenzi, sogni, desideri repressi, naufragi, riprese, ricadute. fino all'ultimo verso in cui dice che “per noi (lei e il suo uomo) c'è ancora un lungo cammino, c'è ancora la vita”. Quindi c'è ancora la speranza di un amore vero, profondo, felice.

Qui comprendiamo meglio cosa intende per amore. E' quello divino, che dorme in ciascuno di noi. Ma non tutti lo tengono in conto adeguatamente. Ci riuscirà ad averlo dal suo uomo? Glielo auguriamo.

Il libro termina, quindi, facendoci immaginare nuove odissee e nuove riconquiste all'infinito. Ma non può passare sotto silenzio la qualità e la ricchezza del mondo spirituale della nostra autrice.

In sostanza la vera vita, quella che ci fa gioire, la viviamo nel sogno. Al risveglio il mondo appare sotto una visione diversa, come lotta continua e continua ricerca del decoro e del meglio.

3 – Lo spirito del libro

A mio giudizio tutto il libro è un poema, o anche un dramma, dramma d'amore, in forma lirica. E' musica alle nostre orecchie.

La poetessa fa vibrare le corde più profonde e più autentiche della sua anima e persino della nostra, semplici fruitori e ascoltatori, incapaci di metterci in sintonia con tonalità simili. Esso tocca profondità abissali del sentire umano e altezze infinite di letizia come quelle di Dante.

Mi fa pensare al divino Platone e ancor di più a Dante della Francesca da Rimini; all' “Amor che a nulla amato amar perdona...che come vedi ancor non m'abbandona”. Ma anche alle grandi arie musicali dei nostri migliori musicisti. Penso alla “Casta diva” di Bellini, a “Di quell'amor, quell'amor che palpita, dell'universo intero” della Traviata di Verdi, a “Un bel di' vedremo levarsi un fil di fumo sull'estremo confin del mare e poi la nave appare”, canto dell'attesa di “Madama Butterfly” e a “Vincerò” della Turandot di Puccini.

In quanto ai paragoni, la vicenda che sottende l'intero corpo di questi canti lirici trovo più consono la sonata “Tristezza”, (studio 10 n° 3), di Federico Chopen che dice: “E' triste il mio cuor senza di te che sei lontana e più non pensi a me. Dimmi perché fai soffrir quest'anima che t'ama e che ti vuole vicino. Sei tu la visione che ogni sera sognar fa il cuore che nell'amore spera, ma è un'illusion.” Per la nostra poetessa, tuttavia, non è un'illusione, perché termina con la speranza.

Per esprimere l'intensità della gioia da lei provata trovo adeguato solo il canto della nona sinfonia di Beethoven, all'ode Inno alla gioia (An Die Freude)“Gioia, figlia della luce, dea dei carmi, dea dei fior”.

Tutto corrisponde a quello che di solito si dice da noi sul primo amore. “Il primo amore non si scorda mai.”

Così è lo spirito pensoso e risoluto della poetessa che si rispecchia nella scelta appropriata delle parole, delle figure retoriche, specialmente metafore, anafore, acrostici, della essenzialità e lunghezza dei versi, non più quelli di tipo tradizionale, misurati per sillabe, forniti di accentuazione e di rima, raccolti in strofe, distici, terzine quartine, sestine, ottave e via di cento, ma procedenti sull'andamento emotivo del dire, logico, passionale, proprio del discorso corrente di chi ama veramente, ma capace di stupire e commuovere per profondità, acume e vivacità di sentire.

D'altronde la produzione poetica del '900 in generale ha voluto liberarsi della fatica di impegnarsi in tal senso nei riguardi della versificazione. Sta scomparendo anche la distinzione tra forma poetica e prosa narrativa. Ogni poeta oggi è libero di inventarsi tutte le forme di cui è capace, come fa la nostra poetessa.

Tutto questo, quello che me la fa apparire unica, tra i nostri poeti moderni, è la constatazione che, malgrado tutto il dramma, ella ha saputo conservare il decoro, l'armonia, in ogni suo comportamento, come in ogni sua espressione linguistica, con l'adeguatezza del linguaggio nobilmente civile, consonante con l'altezza dei suoi sentimenti. In tutto il libro non c'è parola che possa definirsi volgare o dissonante.

4 - Osservazione sui singoli canti

A una prima lettura, l'opera sembrava un insieme di semplici Canti sui vari temi del male d'amore e della vita reale e quotidiana, perché, al di là dell'unità del tessuto, ogni singolo canto tocca corde di grande risonanza e conserva il suo valore umano, lascia il segno, tocca l'animo di chiunque li legge.

I canti citati hanno anche lo scopo di mostrare la loro assai felice fattura.

Alla terza lettura mi ha dato persino l'idea di un'arringa, in forma lirica, tesa a difendere il suo diritto alla vita, e quindi all'amore, inteso alla Dickinson, come forza indomabile, incapace di morire, resistente ad ogni forma di riduzione, di insofferenza e persino di distacco.

Avrei voluto sapere di più sull'uomo perché, nei suoi sogni, quelli della poetessa, appare come una figura sfuggente. Viene ricordato per i suoi occhi quale immagine del cielo, la tonalità della sua voce come musica, le sue mani solo per la dolcezza delle sue carezze. Noi riusciamo a vederlo solo sotto questo profilo. Avrà avuto anche lui i suoi ideali e i suoi meriti. Invece anche attraverso le liriche del tempo della gioia non riusciamo a comprenderlo adeguatamente.

Ci viene spontanea la curiosità di sapere di più, se quel dramma accaduto in quel giorno di luglio, sia stato causato per colpa di lei o di lui. Perché anche in seguito i loro rapporti finiscono col degenerare.

5 – Conclusione

Per concludere. Sono pienamente d'accordo con Rosetta Sacchi sul principio che fa del sogno il luogo dove i nostri ideali trovano la libertà di manifestarsi con piena libertà e al massimo grado. Nel sogno si stemperano tutte le nostre tensioni per cui riusciamo a godere al massimo del piacere di pensare, di sentire, di godere. Gli uomini spesso sognano anche ad occhi aperti. Per questo esso assume il valore di vero antidoto alle difficoltà della vita.

Ma così è anche la poesia, la vera e autentica poesia. Anch'essa proviene dal profondo. E' espressione più autentica della nostra anima. Proprio per questo, spesso, il poeta è in contrasto col comune sentire, proprio come è la sua più accorata poesia. Tale è stata la poesia dei grandi poeti di tutto il mondo.

Non voglio dire di più.

I canti sono tali solo se vanno direttamente letti e meditati.

Mi auguro che non solo questo libro, ma anche le sue future pubblicazioni siano ampiamente diffuse e lette perché non potranno che fare bene a tutti. L'autrice non può che godere della mia più assoluta e sincera simpatia.

Napoli 15 – 1 - 2023

Filippo Leo D'Ugo

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